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mercoledì 29 maggio 2013

Meno della metà


Il premier Enrico Letta è su di giri. Il segretario Epifani dice: adesso il cambiamento. Stefano Fassina esulta: governo più forte.
E mentre Marino, sulla stessa pagina, apre ai 5 Stelle (“stesse battaglie”), tutti celebrano il de profundis di Grillo. Il candidato sindaco meno entusiasta del governissimo (tanto che i moderati del Pd, dopo l’elezione di Napolitano, proposero di ritirarlo e di candidare un altro, perché Marino è troppo radicale) fa vincere il governissimo. Fico.
E nessuno nota che il Pd ha preso meno della metà dei voti del 2008, a Roma, quando poi perse.
Fossi nei panni del premier mi preoccuperei soprattutto del fatto che la metà degli elettori della città in cui il voto era più politico ha disertato le urne. Perché dall’antipolitica (cosiddetta) siamo passati all’astensionismo. Un motivo per festeggiare straordinario, in effetti.
Premiate le larghe intese, titola il Corriere, attribuendo le parole a Letta e al suo governo. Non mi sorprende: al Palazzo che si chiude, il meno semo, mejo stamo va benissimo. È confortante. Anche sapere che a Siena il Pd perde un badalucco di voti, ma va al ballottaggio, così archiviamo pure MPS (che si scrive quasi come M5S).
Quello che mi preoccupa non è la lettura interessata. Me l’aspettavo, e preferisco sempre che il Pd vinca, anche se poi qualcuno la legge in questo modo. Anzi, ho fatto campagna elettorale, come sempre. E con entusiasmo, invitando a votare Pd e addirittura a iscriversi al partito.
Quello che mi preoccupa è che così facendo continueremo a sbagliare. A prendere lucciole per lanterne e a farci abbagliare. Convinti che vada tutto benissimo. Fino alle prossime politiche. Quando ci sorprenderemo ancora una volta.
P.S.: prima di liquidare Grillo o Berlusconi (che è andato malissimo, a leggere i dati come fanno quasi tutti), consiglierei di prendere un bel respiro. Le amministrative sono amministrative e i sondaggi delle politiche sono disastrosi, ma non per Grillo e Berlusconi. Così, non andiamo troppo su di giri, che poi il motore fonde.
P.S./2: il risultato deludente di Grillo – fatta la tara amministrativa al voto – avrà l’effetto positivo di aprire un dibattito e una lettura critica tra elettori ed eletti del M5S. E ciò sembrerà paradossale, ma è un bene: perché loro si metteranno in discussione. Finalmente.
P.S./3: Debora Serracchiani ieri ha detto, parlando anche di sé, che lei e Marino hanno vinto “nonostante il Pd” (lo stesso Marino aveva usato l’espressione “malgrado il Pd”). Dichiarazione forte, fin eccessiva, che spiega però che ogni argomento è reversibile. E se lo dicono quelli che vincono, forse è il caso di rifletterci su. Almeno un po’.
Pippo Civati

domenica 26 maggio 2013

Stampa serva



Al di là delle ardite ricostruzioni giornalistiche, ecco come stanno le cose, in Parlamento, a proposito del confronto con il M5S.
Registro ogni volta con sorpresa che per i più autorevoli commentatori l’alleanza con Berlusconi non sia affatto problematica, mentre è presentata con malizia qualsiasi occasione di dialogo con i parlamentari del M5S. Con i quali (non so voi) ma personalmente ho più motivi d’accordo, nel dibattito politico, che con i parlamentari nominati da Berlusconi. Sarò strano io.

Pippo Civati

domenica 12 maggio 2013

Assemblea Nazionale


Ma i giornali che questa mattina ‘sparano’ in prima pagina l’85% per Epifani dovrebbero considerare che il segretario-pro-tempore-ma-anche-no del Pd ha ottenuto 458 voti su 1000, ci sono state 76 bianche e 59 nulle.
In sostanza, i presenti erano il 59% dei componenti e dei presenti Epifani ha ottenuto il 77%. In questo caso, con un candidato unico, le nulle vanno contate, altrimenti non ci capiamo.
E, per inciso, si fa notare che tutti, ma proprio tutti i capicorrente avevano dato indicazione di voto per Epifani.
Per il resto, a chi come me chiedeva che Epifani fosse a tempo e che le regole del Congresso si tenessero per quelle che sono, Epifani ha risposto nel suo intervento: glissando sul primo punto e spiegando che al Congresso si parlerà più di idee che di persone.
Come ho scritto una settimana fa, se così sarà, più che un nuovo segretario avremo un nuovo partito. Ancora qualche giorno e lo sapremo: non è una minaccia, ma una banale considerazione. Perché il Pd si basa (basava?) sull’alternativa di governo e sulle primarie: perdere entrambe le sue caratteristiche fondamentali, il proprio nome e il proprio cognome, sarebbe un colpo definitivo per la propria identità.
Intanto, è già un gran parlare di posti e di incarichi. Come il governissimo, il partitissimo.
Peccato.
Pippo Civati

sabato 4 maggio 2013

Barzel-Letta


Sabato scorso, quando Lettino uscì dall’ufficio di Napolitano con la lista dei ministri, tenne subito a precisarne i tratti distintivi: “Competenza, ringiovanimento e record di presenza femminile”. Il capo dello Stato trattenne a stento le lacrime dinanzi a cotanta “novità, freschezza e competenza”. Per carità: per l’oste, il vino della casa è sempre ottimo. E poi Napolitano troverebbe fresco e giovane anche Andreotti. Ma il loro autorevole parere sui ministri, se non per la giovinezza e la freschezza, almeno per la competenza si rivela azzeccato anche per i viceministri e i sottosegretari. Gli uomini (e le donne) giusti nei posti giusti, all’insegna della più rigorosa meritocrazia. A cominciare dagli imputati. Filippo Bubbico del Pd, già governatore di Basilicata (una delle meglio amministrate non solo dell’Italia, ma del mondo), molto esperto anche in bachi da seta, già saggio della nidiata napolitana, ha un processo in corso in tribunale per abuso d’ufficio (e uno alla Corte dei conti) con l’accusa di avere sperperato 23.869 euro di fondi della sua regione per un’inutile consulenza esterna all’amministrazione che avrebbe potuto essere espletata all’interno. Dunque è viceministro dell’Interno.
Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, è imputato in tre processi per storie di appalti, in- carichi e vicende urbanistiche (truffa e falso; peculato; associazione per delinquere e concussione); è stato condannato e poi prescritto per reati contro l’ambiente; ed è indagato per falso ideologico e abuso d’ufficio a proposito del mostruoso progetto “Crescent”. Secondo voi dove l’hanno messo? Ma viceministro alle Infrastrutture, naturalmente. Anche per le sue doti di pacificatore contro il partito dell’odio: suo il distensivo invito a Roberta Lombardi di 5Stelle “vai a morire ammazzata!”. Geniale l’omofoba Biancofiore alle Pari Opportunità, meglio della barzelletta su Dracula all’Avis. Viceministro degli Esteri è Bruno Archi, ex consigliere diplomatico del Cainano: lo consigliava così bene per sparare cazzate in tutto il mondo, e poi ha testimoniato a suo favore nel processo “nipote di Mubarak”. L’ottimo Antonio Catricalà, detto Catricaletta perché dice di ispirarsi a Letta (Gianni, non Enrico, ma ora forse anche Enrico), ben meritò come capogabinetto di Maccanico con la legge sulle tv, ovviamente incostituzionale; poi come garante all’Antitrust (garante di B., s’intende), dove naturalmente non si accorse dei trust Mediaset e Publitalia, in compenso sgominò il temibile cartello dei fornai; infine come sottosegretario alla Presidenza al posto di Letta (Gianni) nel governo Monti: promosso viceministro delle Comunicazioni, e dove se no?
Ci sono anche due pm, Ferri (vita e opere a pag. 3) e Manzione: si era detto che non stava bene che entrassero in politica, ma valeva solo per Ingroia. La baronessa Ilaria Borletti Buitoni, ma anche un po’ Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, ha donato 710 mila euro all’amato Monti: pareva tantino per un posto in Parlamento, ma ora è arrivato il sottosegretariato alla Cultura. Lei minaccia querele preventive a chi insinuerà che i 710 mila euro siano serviti a comprare le due poltrone. Fiato sprecato: chi potrebbe mai pensare una cosa del genere? E, a proposito di fiato, ecco a voi Gianfranco Micciché. Non è un omonimo: è proprio quel Micciché lì. Quello che voleva ribattezzare l’aeroporto di Palermo perché “i nomi di Falcone e Borsellino trasmettono ai turisti un’idea negativa della Sicilia” (molto meglio Aeroporto Dell’Utri, o diretta- mente Mangano). Quello che l’ex compagno di partito Ciccio Musotto definì “politico di fiuto”, anche perché quand’era viceministro alle Attività produttive uno spacciatore ministeriale assicurava il servizio ProntoCoca. Dunque, sottosegretario alla Pubblica amministrazione e Semplificazione. Perché lui, quando amministra e semplifica, dà una pista a tutti.
Marco Travaglio - il Fatto Quotidiano

mercoledì 1 maggio 2013

Molto difficile


Sarà molto difficile spiegare ai militanti in rivolta e agli elettori che si sentono traditi che questo governo valeva il sacrificio di un accordo con il Pdl.
Difficile spiegare il ruolo fondamentale affidato ad Angelino Alfano, insieme ministro dell’Interno e vice presidente del Consiglio.
Difficile spiegare agli italiani che la sorte della Costituzione è da oggi nelle mani impietose, interessate e impreparate di Gaetano Quagliarello.
Difficile spiegare che per avere tante donne al governo bisognava passare attraverso le forche caudine del patto Pd-Pdl.
Difficile sostenere che per non avere più i vecchi della casta era indispensabile passare attraverso questo mare di giovane mediocrità.
Poteva essere peggio di così?
Certamente, poteva esserci anche Berlusconi in campo e alla Giustizia poteva andare un fedelissimo del cavaliere.
Ma tutti i dubbi sulla inevitabilità dell’accordo fra Pd e Pdl rimangono intatti, nonostante gli aspetti innovativi che pure ci sono.
Con la mediocrità e le intese sottobanco che certamente ci sono non si dà un futuro al Paese e ai giovani e non si restituisce la speranza nelle istituzioni a chi l’ha perduta.