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giovedì 25 luglio 2013

Quel fighetto di Letta Jr.


Del Pd sulle questioni politiche dirimenti, che inutilmente chiedo da aprile a questa parte, chiarirò il mio rapporto con il governo.
Leggo (ancora) che sarei un’anima bella (chissà quanto volontaria citazione hegeliana) che dice le cose che dico (da sempre) per ragioni congressuali.
E invece le mie sono ragioni politiche, che ci sono e ci sarebbero a prescindere, e che sono maturate ai tempi dei 101 e di chi, allora come oggi, preferiva questa soluzione alle altre: quando il Pd si imporrà sulla legge elettorale? Quando il Pd chiarirà se abbasserà le tasse sul lavoro, invece di intervenire sulle tasse sul patrimonio? Quando saremo autorizzati a dire la nostra su alcune questioni serie che ai nostri elettori stanno a cuore, a cominciare dai cacciabombardieri? Quando torneremo a confrontarci con quel tema politico, che ci vede alleati con Sel dappertutto (anche dopo aver inaugurato il governissimo), sulla base di principi e modalità opposti rispetto a quelli del governo nazionale?
Nella settimana successiva alla fiducia per salvare Alfano a dispetto di ogni evidenza contraria e come se nulla fosse, prendersela con me rasenta il ridicolo. Farlo con i consueti toni di disprezzo e con i reiterati richiami all’ordine, può servire per farsi un po’ di pubblicità e farsi apprezzare dalle gerarchie ministeriali, ma non risolve certo il punto politico.
Spero, per i super-governativi che danno giudizi sprezzanti sui propri colleghi e che non si curano del disagio di milioni di elettori, che se ne rendano conto.
Perché siamo tutti un po’ stanchi di alibi e di mezze parole. Di fughe in avanti (fino al 2015 e oltre) e di passi indietro molto poco seri e onorevoli.
Pippo Civati

giovedì 18 luglio 2013

O si fa la tessera o si muore

Lo spettacolo vergognoso di questo Governo e di questo Parlamento è la mia forza. 

Ogni giorno leggo, osservo e capisco che la mia, la nostra è la battaglia giusta. La forza in una battaglia si trova nella CONSAPEVOLEZZA. Essere consapevole di essere nel giusto è la mia benzina quotidiana. Guardiamoci intorno. Siamo sempre di più. Forse non succede ora. Ma stiamo mettendo le basi per un’idea di Partito diversa. Davanti ad un incendio non si scappa. Si torna giù in città e si chiamano i rinforzi. Si coinvolge altra gente. Non importa se a destra o a sinistra. Si cerca gente con il nostro stesso obiettivo: spegnere le fiamme. Punto. Noi siamo di fronte ad un perenne incendio doloso. La nostra fortuna è conoscere perfettamente i responsabili di questo rogo. 
15 euro per giocare una partita bellissima.                                                                                 
15 euro per tornare protagonisti di una scelta.                                                                               
15 euro per tornare artigiani del nostro destino. 
Lo ripeterò fino allo sfinimento : se vogliamo cambiare l’Italia dobbiamo cambiare questo Partito, il nostro Partito. Dobbiamo entrare all’Interno e non credete a quelli che dicono che si tratta di una missione impossibile. Fandonie. Il modo c’è. E lo sappiamo tutti. Il Partito, vecchio e non al passo con i tempi, permette l’elezione del Segretario solo agli iscritti (salvo miracoli dell’ultima ora, che non mi aspetto). Ai possessori della tessera per intenderci. Lo so, lo so è assurdo, abbiamo speso 2 euro con il sorriso per votare alle primarie e siamo stati traditi. Ma è l’unico modo che ci è rimasto per votare un Segretario vera voce della base. Altrimenti ci toccherà un continuo lamento fino al giorno del Congresso, invocando, senza essere ascoltati, un Congresso Aperto. Certe scelte, come questa, si fanno con spirito di sacrificio. E’ l’unica via per il cambiamento. Ormai è chiaro a voi tutti, sono dalla parte di Civati, ma non solo perchè lo stimo come personalità politica, lo stimo perchè è l’unico che parla dei temi che mi stanno a cuore. A me interessa quello, vedere le idee della Base rappresentate nelle Istituzioni. Il vero problema è che molti dei simpatizzanti di Civati non sono in possesso di una tessera e quindi non potranno votare al Congresso. Abbiamo un mezzo, triste e contro la nostra idea di partito, lo so. Ma è l’unico mezzo che abbiamo per cercare di eleggere l’unico che parla la nostra stessa lingua. Le chiacchiere stanno a zero. La storia ci sta spiando ed è pronta a giudicare il nostro operato. Lo dicevo giorni fa. Una tessera oggi per un partito senza tessere domani. 
Sappiamo dov’è l’incendio. sappiamo come spegnerlo, conosciamo i responsabili. Non ci manca più niente per agire. Adesso tocca a noi.
La non iscrizione non ha senso. Sostenere Civati senza tessera non ha senso. Questa è una battaglia che dobbiamo condurre seriamente e con onestà intellettuale. Continuare a criticare la classe dirigente senza tessera non ha senso. L’unico modo per annullare questo gruppetto di potere è la tessera. Non sono pazzo. Parlo davvero. Oggi pomeriggio, domani, nei prossimi giorni portiamo tutti nelle sedi a far la tessera. Immaginate la faccia dei vecchi “Generali” del PD nel vedere migliaia di persone in tutta Italia pronte al tesseramento. Di solito il cambiamento non ha prezzo. Questa volta si. Il cambiamento costa 30 mila lire del vecchio conio. Una pizza, una birra e un pacchetto da 10 per cambiare l’Italia. E’ un’occasione irripetibile. Davvero, insisto, non avete più scuse. Se vogliamo cambiare questa volta un modo c’è. Non facciamoci sconfiggere dalla disillusione e dalla pigrizia di chi ormai è troppo deluso e non ha più le forze. Con questa legge elettorale ci hanno tolto il potere di esprimere una preferenza. Con la tessera e con il Congresso possiamo riappropriarci di questo indispensabile potere. Lo so, per molti di noi versare 15 euro ad un partito che sta governando con Berlusconi è dura, durissima. Ma scappare non ha senso. Scappare per ingrassare le fila di un partito del 5% e rimanere all’opposizione a vita non ha senso. La nostra voce può tornare nel partito solo attraverso la tessera. E’ l’unico modo per far resuscitare il progetto democratico. 
La situazione è chiara: qui o si fa la tessera o si muore. Non possiamo permetterci di subire questo destino politico. La morte del PD che abbiamo in monte e in parte anche la morte dei nostri progetti futuri, non solo politici, ma di vita. 
CAMBIAMO IL PARTITO, NON CAMBIAMO PARTITO
Antonio Sicilia - http://antoniosicilia.wordpress.com

Mi vergogno di stare nel Pd


Vergogna.
Nella vasta gamma di sentimenti che ho provato in questi ultimi anni, e in special modo da quando ricopro un ruolo di primo piano nel Partito Democratico, questo mi mancava. Rabbia, delusione, sgomento, sfiducia, sì. E a tratti rassegnazione. Poi tornavano la determinazione e la speranza, ora ammetto irragionevole, di riuscire a cambiare questo partito dall’interno.
Quello che provo oggi, però, è un sentimento nuovo che non trova più una giustificazione proporzionata al danno morale che il Pd sta infliggendo ai suoi elettori, ai militanti, agli iscritti. A me.
Dalle primarie ritoccate per la scelta dei parlamentari, alla drammatica vicenda dell’elezione del Capo dello Stato come anticamera al calice ben più amaro del Governo “di scopo” con il PDL di Berlusconi; ai 101 parlamentari del Partito Democratico che, uccidendo politicamente Prodi, hanno gettato una prima pietra tombale sulla speranza di una qualsiasi decente prospettiva che si fondi sulla fiducia, la tensione ideale e i bisogni veri di un popolo tenuto e guardato a distanza.
Un patrimonio di migliaia di militanti e iscritti che ne costituiscono la vera ossatura e che stiamo disperdendo con un’apparente, ostinata premeditazione.
L’amarezza e il sentimento di sfiducia che abbiamo lasciato loro dopo questi mesi assurdi ci stanno inchiodando a un destino fatale, per il Pd e tutto il centrosinistra.
Sì, perché se gli eventi gravissimi che si sono succeduti dal giorno dopo le elezioni meritavano un forte e aperto dissenso verso il partito e questo governo, quelli di oggi ci consegnano il ritratto di una classe politica alla bancarotta morale e civile.
Il mancato ridimensionamento dell’acquisto degli F35, promesso da Bersani e dal Pd, è il penultimo atto di arrogante noncuranza di fronte alle vere emergenze delle aziende che falliscono, di chi ha perso il lavoro, degli esodati, della scuola e dell’università che affondano sotto la scure dei tagli di bilancio.
I nostri parlamentari sardi non si sono distinti per dissenso. Come sul resto.
L’ultimo, è stato recapitare nelle mani di un dittatore al potere la moglie e la figlia di 6 anni del suo principale oppositore derubricandolo a imbarazzante incidente internazionale da risolversi con il prepensionamento di un opaco funzionario.
Non è solo Alfano a doversene andare a casa, sia chiaro, ma tutto questo improbabile Governo e una bella quantità di Parlamentari che, equamente distribuiti tra la Camera e il Senato, sono stati nominati esclusivamente per garantire la sopravvivenza di un dannoso, pervasivo sistema di potere. 

Valentina Sanna (presidente Partito Democratico Sardegna) 

p.s. oggi si è dimessa dalla presidenza e dal partito

venerdì 5 luglio 2013

Contro la tattica



Ho deciso, dopo aver letto le cronache romane del Pd, da cui non mi sono mai sentito più lontano.
Dopo aver sentito parlare per settimane di regole, correntoni, rischio scissioni (il solito Franceschini, che ne parla sempre, in modo fin sospetto), piccioni, contropiccioni, candidature in Europa, candidati che avevano giurato di non candidarsi che forse si candidano, battute penose, è venuto il momento di lanciare il manifesto contro il tatticismo, i calcoli e i trucchi.
Dopo aver scorso le pagine di giornale in cui Letta dice che si andrà avanti per diciotto mesi (in attesa di un rinvio che riguardi anche quella scadenza), Cicchitto blocca le norme anti-corruzione che don Ciotti ci ha proposto, l’Fmi sostiene che bisogna abbassare le tasse sul lavoro e non quelle sulla casa (ma noi non possiamo, perché Berlusconi si arrabbia), penso che dobbiamo cambiare discorso.
Concentrarci sulla ricostruzione di un centrosinistra di governo (senza suffisso con il superlativo), studiare una strategia che ci consenta di uscire da questo eterno impassee da un’alleanza innaturale, andare alla ricerca di tutte le forze buone che ci sono nel Paese.
E smetterla con i calcoli e con i sondaggi, e provare a parlare di politica, senza farci distrarre da cose totalmente inutili.
Sono anni che la politica è ammalata di tattica, che poi per altro nove volte su dieci si rivela sbagliata. È venuto il momento di prenderne atto.
Ci riusciremo? Sì.

Pippo Civati