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venerdì 29 luglio 2011

Cast action

L'intervista a Barbara Spinelli di ieri sul Fatto Quotidiano andrebbe ritagliata e affissa in tutti i Circoli e in tutte le sedi del Partito Democratico, diamo per scontato che tutti i dirigenti nazionali l'abbiano letta e ci abbiano riflettuto sopra.
Un estratto:

Bersani pensa di denunciare i giornali che “aggrediscono”, coinvolgendo quadri e iscritti al Pd in una “class action".
Non Vedo alcuna differenza tra il linguaggio usato da Marina Berlusconi per minacciare ll Fatto Quotidiano e quello usato da Bersani per minacciare azioni giudiziarie contro i giornali che a suo dire lo attaccano. Che vuol dire “le critiche le accettiamo, le aggressioni no” ? Che la stampa ha il diritto di criticare, ma senza fare riferimento alle gravissime imputazioni che pendono sul capo di alti esponenti del suo partito? E poi questa class action, che faccia tosta...
Cosa c’é che non va?
Il linguaggio e ciò che lo determina: l'idea tipica della Casta che i reati individuali imputati a singoli dirigenti di un partito possano essere nascosti dietro il gruppo, dietro il clan, si chiami Pd o Pdl o Mondadori... La difesa di gruppo e orrenda, sfido io che il Pd torna a scendere nei sondaggi. Che significa class action? Che ogni singolo membro del partito si identifica col gruppo al punto che, se commette un reato, chiama tutti i membri del gruppo a risponderne? Che, se la magistratura indaga Pronzato o Penati, o se i giornali li criticano, questo e un attacco a tutto il partito, a tutti dirigenti, a tutti i militanti, a tutti gli elettori? Linguaggio comunista e sostanza berlusconiana, così ha parlato ieri Bersani. Mi ricorda una battuta di Daniel Cohn Bendit su ceti oligarchi dell'Europa orientale convertiti al capitalismo all'indomani del crollo del Muro di Berlino: un pessimo film capitalista con sottotitoli in sovietico.

domenica 24 luglio 2011

Tedesco: la faccia come il culo


Dopo le ultime dichiarazioni cosa aspetta Bersani ad espellere dal partito il Senatore Tedesco?

venerdì 22 luglio 2011

Fugare ogni dubbio

Ho pubblicato sul sito de “Il fatto quotidiano” questo intervento in merito alla vicenda del senatore Tedesco e del voto di ieri in Senato.
I voti di ieri sulle autorizzazioni all’arresto dell’onorevole Papa e del senatore Tedesco hanno avuto un esito discordante, nonostante i gruppi politici presenti alla Camera e al Senato avessero dato indicazioni identiche. I due gruppi del Pd hanno indicato il voto favorevole all’arresto per i due parlamentari seguendo una linea politica chiara: nessun cittadino è più uguale degli altri.
Registriamo la spaccatura della Lega. Rimangono infatti pochi dubbi sul fatto che dentro alla Lega si è consumata una “conta” i cui preliminari sono cominciati sul palco di Pontida e che sta andando verso lo showdown: è la prova di forza per la leadership tra Bossi e Maroni, in cui quest’ultimo ieri ha avuto la meglio.
Ma dubbi sono stati insinuati anche sulle posizioni del Pd e sulla sua compattezza nel seguire le indicazioni di voto al Senato. I numeri danno adito a cattivi pensieri, e le affermazioni del senatore Lucio D’Ubaldo hanno – diciamo così per non infierire – lasciato di stucco tanti di noi. Mentre stiamo mettendo un grande impegno per recuperare il terreno sul centrodestra, mentre stiamo ottenendo risultati tangibili sui territori e proprio mentre tanti militanti stanno ritrovando l’orgoglio dell’appartenenza, questa brutta ombra di sospetto bisognava evitarla. Non possiamo permetterci che il Pdl abbia la più piccola scusa per risucchiarci nel perverso gioco del “sono tutti uguali”.
Bisogna fugare ogni dubbio, sgombrare il campo dai sospetti, rassicurare i nostri militanti ed elettori. C’è una persona che può fare tutto ciò, e per questo gli chiedo se non ritenga giusto fare un grande sacrificio per il suo partito, per la fiducia di milioni di persone nella politica, per la saldezza delle istituzioni democratiche in questo momento pericolosamente corrose nella credibilità.
Chiedo al senatore Tedesco se la sua coscienza non gli imponga di dimettersi. Ha pronunciato nella solenne aula di Palazzo Madama alte parole che chiedono sia dato loro seguito, e sia fatto in modo che il permanere nel seggio parlamentare non “adombri il dubbio che in favore di qualcuno si assuma un atteggiamento che non sia assolutamente fondato su ragioni nobili”. So che il sacrificio è grande, ma la causa della democrazia non è forse più grande?
Debora Serracchiani

martedì 19 luglio 2011

Pochissimi gli uomini...



L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.


Paolo Borsellino

venerdì 15 luglio 2011

Croci e crociere


Il testo che segue viene dal Blog di Beppe Grillo.
Grillo, spesso visto come fumo negli occhi da noi del PD perchè considerato populista e poco concreto (spesso a torto).
C'è qualcuno nel PD che non condivide queste considerazioni?

L'orchestrina del Titanic continua a suonare mentre l'iceberg si avvicina. Tremorti, il trombonista, ci rassicura "O si va avanti o si va a fondo" (forse entrambi...) e "Come sul Titanic, la prima classe non si salva". E' l'ennesima balla tremortiana. La prima classe si è già salvata. Ha accumulato capitali, ha portato i soldi all'estero. La prima classe ha ottenuto dal Governo biglietti omaggio per la traversata con lo Scudo Fiscale con il solo 5% di tassazione sui capitali occultati al Fisco. Insieme ai viaggiatori di prima classe si salveranno i loro cuochi, i valletti, i camerieri dei giornali, ma anche i gigolò e le puttane da camera e gli armatori delle banche e di Confindustria. La citazione del Titanic è una rassicurazione buona soltanto per i poveracci. Lavoratori dipendenti, precari e disoccupati sono già immersi nella merda fino al collo. Nell'affondamento del Titanic in prima classe si salvò il 61,81% dei passeggeri, 204 superstiti su 330. In seconda classe il 42,5%, 119 su 280. In terza classe il 26,85%, 105 su 391. Un biglietto di prima classe garantiva tre volte di più la salvezza rispetto a uno di terza.
Tremorti dopo trent'anni di frequentazioni politiche e di ciance economiche si è svegliato. Ha bisbigliato, come se fosse sdraiato sul letto in attesa del trapasso "
Introdurre nella Costituzione una regola d'oro che vincoli al raggiungimento del pareggio di bilancio". Lo dice ora, quando tutto tracima, tracolla, esonda e il debito è una montagna di ghiaccio che sfiora i 2.000 miliardi che ci arriva in faccia. Tremortacci tua, dove sei stato insieme ai tuoi compari in tutto questo tempo? Il MoVimento 5 Stelle, quello populista, l'alfiere dell'anti politica, il qualunquista, da anni ha inserito nel suo Programma una riga "Approvazione di ogni legge subordinata alla effettiva copertura finanziaria". Non puoi indebitare il cittadino senza il suo permesso per fare finanza elettorale, per comprare cacciabombardieri dagli Stati Uniti, per mantenere le nostre truppe in Afghanistan, per puttanate da 22 miliardi di euro come la Tav, per un miliardo di finanziamenti pubblici ai partiti spacciati come rimborsi. Non puoi buttare nel cesso centinaia di milioni dei contribuenti con cazzate come quella voluta da Maroni di disaccoppiare il referendum dalle elezioni amministrative o per mantenere in vita le Province. O fare il Ponte di Messina, la Gronda e il cazzo che ti pare per decine di miliardi di euro attinti dal debito pubblico. I soldi sono nostri, dei cittadini. Ve li siete fumati, li avete regalati ai concessionari di Stato come Benetton per le autostrade, alla Marcegaglia e ai petrolieri con il Cip6, ai vostri giornali. La prima classe si è arricchita grazie allo Stato, deve essere l'ultima a salire sulle scialuppe di salvataggio.

mercoledì 13 luglio 2011

Vomitevoli colleghi


L'approvazione alla Camera della legge sul testamento biologico, fortemente voluta dal PDL e dalla Lega Nord e votata anche dall'UDC, segna un punto di non ritorno per la politica italiana. Per la prima volta infatti lo Stato entra in uno dei momenti più delicati e privati del cittadino, il confine tra la vita e la morte, e lo fa con violenza e indifferenza.
A nulla è servito il calvario di Eluana Englaro e quello delle tante persone che hanno sofferto una simile condizione: il Parlamento ha legiferato ponendo limiti e vincoli, ossia griglie rigide che non possono esaurire le casistiche reali, concretissime e umane, su un tema che come pochi altri si differenzia e tocca le sensibilità personali.
Siamo di fronte a una legge che sembra proporsi deliberatamente di rompere un legame finora ritenuto intoccabile: l'alleanza tra medico, paziente e familiari. Finora, infatti, il giudizio sul che fare nasceva dal naturale confronto fra questi soggetti, gli unici in grado di conoscere e "sentire" la realtà concreta. Inoltre, vista la sostanziale inutilità del ruolo assegnato alle Dat (dichiarazioni anticipate di trattamento) che dovrebbero rappresentare il volere del malato ma non sono né vincolanti né impegnative per nessuna delle persone coinvolte, in questa legge non c’è più nulla che giustifichi l’espressione "testamento biologico".
In questo panorama desolato, stridono e colpiscono particolarmente le dichiarazioni di uno dei padri di questo provvedimento. Infatti il senatore del Pdl Corrado Calabrò ha detto che “è evidente che i numeri non danno ragione a chi licenzia la legge come un'imposizione di una minoranza clericale, di una maggioranza illiberale distante dalla società civile”. Gli rispondo che non può rivendicare a legittimazione i numeri della maggioranza che ha votato la legge alla Camera, dal momento che questa è una maggioranza virtuale se non fasulla, che finora si è prestata a votare qualsiasi cosa, compresa la parentela di Ruby con Mubarak. E’ vero l’esatto contrario: il voto conferma la distanza fra questa maggioranza e la società italiana che dovrebbe rappresentare e che invece tradisce.

Debora Serracchiani

Consigliato


La biografia del misterioso e inafferrabile leader dei Talebani che da dieci anni tiene in scacco il più potente e tecnologico esercito del mondo.
Una storia che inizia con un ragazzo diciottenne che si batte contro gli invasori sovietici e in battaglia viene ferito irrimediabilmente a un occhio, se lo strappa, si benda da sé e torna a combattere.
Il ritratto di un uomo singolare, riservato, di poche parole ma attento a quelle degli altri, timido, quasi umile, e anche per questo adorato dai suoi, ma per nulla cupo, ironico e sarcastico, che arrivato al potere continuerà a condurre la vita spartana di sempre e non lo userà per arricchirsi o ritagliarsi privilegi ma per inseguire un suo sogno.
Fini legge la guerra in corso in Afghanistan come la lotta dell'uomo contro la macchina, dell'uomo contro il potere del denaro che crede di poter tutto comprare, e corrompere, anche valori molto diversi dai suoi, ma forse altrettanto degni di essere vissuti, e per difendere i quali c'è chi è disposto a battersi e a morire.
Il Mullah Omar - di Massimo Fini - Marsilio editore

martedì 12 luglio 2011

Scoppiano di salute

Lo sapevate che i nostri 630 deputati con i loro 1109 familiari, pur percependo uno stipendio mensile di 25.000 euro, non pagano il dentista, né il fisioterapista né lo psicoterapeuta? Lo sapevate che dalle carie del nipotino alla protesi mobile dell’onorevole nonno abbiamo finanziato denti per 3 milioni e 92 mila euro? Lo sapevate che esiste un “fondo di solidarietà sanitaria” che prevede, sempre gratuitamente, per questi poveri lavoratori del dito (la maggior parte si guadagna lo stipendio cliccando su un pulsante, e neanche tutti i giorni) perfino la “balneoterapia” (leggi: vacanze al mare) e la elettroscultura (leggi: ginnastica passiva)? Io non lo sapevo. Non sapevo che questo ulteriore sconto per ricchi ci è costato, nel 2010, 10 milioni e 117 mila euro. Avrei voluto continuare a non saperlo.
Come preferirei non sapere che è pratica comune, quando si fa parte della crema della classe dirigente di questo Paese, abitare in lussuosi appartamenti senza pagare l’affitto. Penso che a Roma un posto letto in periferia uno studente fuori sede lo paga anche 800 euro al mese… penso che se hai un problema ai denti e non hai soldi sorridi con la mano davanti alla bocca e ti vergogni. Penso che se hai un problema psichico e non hai soldi te lo tieni e muori un po’ tutti i giorni, mentre in Germania, hai un tot di sedute gratuite e, se il terapeuta dimostra il tuo effettivo bisogno di cure, lo Stato paga per te. Per te cittadino, che non puoi permetterti la spesa, non per te deputato, che potresti benissimo provvedere di persona. Penso che quello è un Paese civile e il nostro meno. Penso che, se fossi una onorevole rappresentante di qualsiasi partito, lo rifiuterei, questo privilegio per privilegiati, non potendolo estendere a tutti i cittadini.

Lidia Ravera - il Fatto Quotidiano

mercoledì 6 luglio 2011

Se il Pd perde il treno

Francis Scott Fitzgerald scriveva che nell’esistenza delle persone si aprono talvolta finestre che rendono quelle vite e quelle persone aperte come mai sono state, ma che se il momento non viene colto nei tempi giusti nulla in futuro potrà mai riaprire quelle finestre. Né le  carezze né il coltello più affilato.
Forse i dirigenti del Pd leggono poco, o leggono cose sbagliate. 
Altrimenti – si veda la patetica confusione sulla salva-Fininvest – dovrebbero sapere che nella vita italiana la finestra per liberarsi del berlusconismo è non solo aperta, è apertissima.
Ma non durerà in eterno. E dividersi ora sulla legge elettorale, come sta accadendo ai democratici, è il modo migliore per cominciare a perdere il treno.
Vent’anni di Berlusconi non meritano neanche cinque minuti di lite tra maggioritari e proporzionalisti, per cortesia.

Marco Bracconi - La Repubblica