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domenica 27 febbraio 2011

Vivere con lentezza


L'altro giorno i giornali titolavano scandalizzati: "Siamo tornati ai livelli del 1999!". Cioè siamo andati indietro invece che crescere. Io mi sono spaventato. Poi però ci ho ragionato su. Non sono riuscito a capire l'allarme. Perché, nel '99 stavamo male? Non mi ricordo tutto sto malessere.
Mi viene una domanda: ma dove dobbiamo andare? E perché dobbiamo andarci di fretta? Qual è la ragione di questa corsa verso la crescita?
Domani si celebra la Giornata Mondiale della Lentezza. Non so che celebrazione sia. Non vedo niente da celebrare. E' un richiamo, forse, un remind, come certi appuntamenti che mettiamo in agenda a lungo termine: "Ricordati di pagare il bollo che scade". Cioè ricordiamoci di non correre sempre. Mah!
Io ho lasciato lavoro, carriera, biglietto da visita, ruolo sociale, metropoli, appartamento fighetto in centro, e l'ho fatto per scrivere, per avere tempo. Scrivere un romanzo richiede tempo per pensare, per studiare, per sedimentare emozioni e intuizioni, per cancellare, per tornare indietro, per correre avanti, per fermarsi. Cioè tempo asincrono, non sempre uguale, aritmico, cioè che batte in modo sincopato, o non batte, per poi riprendere e fermarsi ancora.
Ci sono giorni in cui mi perdo nel silenzio, che seguo un pensiero fin dove mi porta, o in cui parlo con una persona incontrata per caso, poi ci ripenso. Le giornate hanno smesso di volare via. Hanno smesso di essere tempo, e sono diventate vita. 
Eppure in questo cambiamento non sono morto, non sono diventato infelice, non mi sono neanche auto emarginato. Al contrario. Il tempo liberato ha portato aria nelle vele. Ero un uomo senza vento. Oggi la mia barca ha preso un passo suo, lento come ogni barca a vela, ma che porta per la mia rotta, senza consumo inutile di energia, senza motore, senza inquinare (per quel che riesco), senza perdere salute e tempo con gente che ho volentieri lasciato sul molo. Guardavano troppo l'orologio, per i miei gusti.
Un'altra vita, non solo un tempo più lento. Il tempo non guida le cose, le segue. E' quello che facciamo che conta, non tanto il tempo che corre. Solo che in queste poche righe sembra che ci sia una rivoluzione, un messaggio così eversivo da far arricciare il naso a sociologi e politici. Sono tutti così presi dalla lotta per il lavoro, dalla battaglia politica, da dimenticare che ciò per cui combattono è un mondo sbagliato, e anche se vincessero, l'errore sarebbe il loro premio. Io al mondo per cui tutti sembrano combattere rinuncio volentieri. Meglio a rischio nel bosco, che al sicuro in gabbia. Non ho mai amato i canarini. Troppo poco coraggiosi. 
Simone Perotti

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