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martedì 10 febbraio 2009

La memoria e la ragione

«La memoria che coltiviamo innanzitutto è quella della dura esperienza del fascismo e delle responsabilità storiche del regime fascista, delle sue avventure di aggressione e di guerra». E ancora: «Nessun revisionismo, conservare la memoria e coltivarla». Il richiamo è del presidente Napolitano, in occasione della giornata del ricordo, quella dedicata alla tragedia delle foibe e all'esodo coatto degli italiani dall'Istria dopo la nascita della Repubblica Federativa di Jugoslavia. Napolitano ha ragione, perché il rischio forte – per come vengono gestiti politicamente la memoria e gli anniversari nell'Italia di oggi – è quello di semplificare e piegare le realtà storiche – con i loro drammi – alle convenienze politiche e alla propaganda.

Non si può capire ciò che successe al confine orientale nell'immediato dopoguerra senza ricordare alcune cose. 1) Che l'irredentismo italiano della prima guerra mondiale con il fascismo si trasformò in nazionalismo ai danni delle popolazioni slave (slovene e croate), fino al punto di negarne l'autonomia culturale e cancellando ogni loro diritto. Cosa che nemmeno l'Impero austro-ungarico  aveva fatto. 2) Che negli anni di dominio italiano sui territori poi passati alla Jugoslavia, il regime fascista mise in atto politiche xenofobe e razziste nei confronti dei «non italiani» a livello politico, sociale, economico e culturale. 3) Che durante la seconda guerra mondiale gli italiani – segnatamente le truppe regie e le squadre fasciste – perpetrarono numerosi massacri ai danni delle popolazioni slave, al punto da superare per ferocia le truppe tedesche e le Ss.

Le foibe nascono così, da questo contesto. Tra l'altro i primi a usare i budelli carsici come tombe in cui gettare persone ancora in vita furono proprio militari e fascisti italiani. Da questo contesto – da un clima di vendetta e di odio nazionalista – vennero i giorni dell'occupazione jugoslava di Trieste, i rastrellamenti ai danni degli italiani (bastava il minimo sospetto per essere definiti «fascisti»), e, infine, l'esodo delle persone di lingua italiana dall'Istria e dalla Dalmazia, con relativo sequestro dei loro beni.

E' rammentando tutto questo che bisogna dare atto al Presidente Napolitano di aver evocato una memoria vera. «Ragionata». Al fine di essere comprensibile e poterne trarre delle lezioni per l'oggi e il domani.


Gabriele Polo - il Manifesto

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